di GUGLIELMO TIMPANO
La Juventus ha eliminato meritatamente il Barcellona al termine di 180 minuti nel corso dei quali ha segnato 3 reti subendone 0. ZERO. NIENTE…
Il miglior attacco del mondo è rimasto a secco per 180’, 90 dei quali giocati nella bolgia del Camp Nou (MES QUE UN CLUB) davanti a quasi 100.000 supporters blaugrana convinti nella possibilità della “Remuntada Bis” dopo quella clamorosa degli Ottavi contro il PSG.
Fin qui la cronaca, adesso qualche considerazione varia ed eventuale.
A meno di due anni da quella Finalissima dall’esito scontato la situazione sembra diametralmente opposta. Luis Enrique, capitano dimissionario di una Barca che sembra andare alla deriva, è diventato agli occhi dei più un “brocco”. Messi oggi viene dipinto nella peggiore delle ipotesi come un ex giocatore, nella migliore come un Campione sul viale del tramonto (io aspetterei ancora a scrivere i “coccodrilli calcistici” della Pulce…poi fate voi…). L’uomo del momento è Paulo Dybala, 23 anni oggi, appena 21enne quando nel 2015 guardava in tv la Finale di Berlino già consapevole di essere il primo rinforzo bianconero per la stagione successiva. La sua, di stagione, si era conclusa con 13 gol in 34 partite con la maglia rosanero del Palermo. Comoda salvezza portata a casa con un tranquillo 11mo posto in forza di 49 punti complessivi realizzati. Poco più di un giovanotto di belle speranze che aveva fatto vedere numeri da potenziale fuoriclasse in una realtà calcisticamente secondaria. Il Dybala di oggi è il giocatore che nella gara d’andata dello Stadium ha letteralmente messo KO il Barca con una doppietta celebrata dalla stampa di tutto il mondo: l’erede designato di Messi…dicono. Aspetterei un paio di Champions League e un paio (almeno) di Palloni d’Oro per parlare di “passaggio di testimone” ma la strada in effetti sembra quella buona.
Il fatto è che il Barcellona, specchiandosi e crogiolandosi forse nella propria perfezione, è rimasto fermo. La Juventus è cambiata, e tanto. Panta rei…tutto scorre.
Dando un’occhiata alle formazioni di ieri (2015) e di oggi un dato balza all’occhio: il Barca di Barcellona-Juventus gara di ritorno dei Quarti di Champions 2016/17 è composto, per 9/11 (nove undicesimi), dagli stessi giocatori scesi in campo nella Finale di Berlino del 2015. Se Luis Enrique avesse optato per Mascherano al posto di Umtiti al fianco di Piquet nella difesa a 4 sarebbero stati addirittura 10 i titolari in comune rispetto a quelli di due anni fa. Praticamente il Barcellona è rimasto lo stesso. Con due anni in più sulle spalle. Semmai sono cambiati i panchinari se è vero che nel 2015 si sono seduti al fianco del tecnico spagnolo Bravo, Mathieu, Bartra, Adriano, Xavi, Rafinha e Pedro: di questi gli unici rimasti in Catalogna (ma non disponibili per la gara contro la Juve) sono Mathieu e Rafinha, tutti gli altri hanno preso altre strade.
La panchina di Luis Enrique per Barca-Juve del 2017 è, a conti fatti, meno talentuosa e meno “lunga”, complici anche alcuni infortuni, tra i quali quello del mai inserito nel “barcelonismo” Arda Turan, beniamino dei tifosi dell’Atletico Madrid, oggetto misterioso da due anni per gli esigenti tifosi catalani: un errore di mercato che il Barca da due stagioni paga a caro prezzo soprattutto in Coppa e soprattutto perché, numericamente, era stato chiamato a sostituire quel Pedro che non aveva mai fatto mancare il suo contributo alla causa anche partendo dalla panchina alle spalle dei marziani lì davanti. Il 19 aprile 2017 si sono seduti a fianco di Luis Enrique Cillessen, Denis Suarez, Mascherano, Paco Alcacer, Digne, André Gomes e Alenà. Giudicate voi…
Torniamo ai titolari: avete presente qual è, a conti fatti, l’unico titolare che mancava mercoledì al Barca rispetto alla Finale del 2017? Dani Alves, sostituito oggi da Sergi Roberto, eroe per una notte nella storica Remuntada al PSG ma ben lontano dall’essere, per caratteristiche tecniche e personalità, sui livelli del predecessore. Predecessore che la scorsa estate ha preso la via di Torino per andare a portare il proprio bagaglio di esperienza, grinta e tecnica alla causa bianconera: Dani Alves è infatti uno degli 8 (OTTO!!!) volti nuovi in campo nella Juve 2017 rispetto alla Juve 2015. Se consideriamo che nella famigerata Finale di Berlino la coppia di difensori centrali titolari era composta da Bonucci e Barzagli, con Chiellini out per infortunio, mentre nella gara di ritorno dei Quarti 2017 Chiellini ha giocato regolarmente al fianco di Bonucci, la sintesi numerica è presto fatta: la Juve 2017 è scesa in campo con 9 giocatori diversi rispetto alla Juve 2015.
Mentre il Barcellona per 9/11mi è rimasto lo stesso di due anni fa la Juventus per 9/11mi è cambiata.
Nel dettaglio la Juve del 2015, detto della coppia di centrali difensivi e dato per assodato il Giggione (per adesso, in attesa della consacrazione di Donnarumma) Nazionale in porta, schierava Evra a sinistra e Lichtsteiner a destra, Pirlo (al passo d’addio) davanti alla difesa, Pogba, Vidal e Marchisio a centrocampo con Morata e Tevez davanti.
Nella Juve di oggi, imbattuta al Camp Nou, Lichtsteiner è diventato panchinaro di lusso di Alex Sandro mentre Marchisio si è addirittura accomodato in Tribuna a vedere i compagni giocare. Gli altri sono stati tutti ceduti. TUTTI. Una vera e propria rivoluzione, tanto che la formazione del Camp Nou 2017 recita: Buffon, Alex Sandro, Bonucci, Chiellini, Dani Alves, Kedira, Pjanic, Cuadrado, Mandzukic, Dybala, Higuain.
Il cambiamento è radicale anche in panchina. Nella Finale di Berlino del 6 giugno 2015 la Juve ha portato Storari, Ogbonna, Coman, Padoin, Pereyra, Sturaro e Llorente. Al Camp Nou il 19 aprile 2017 si sono seduti al fianco di Allegri Neto, Lichtsteiner, Benatia, Barzagli, Asamoha (c’era anche nel 2015 ma in tribuna), Lemina e Rincon. 4 giocatori nuovi rispetto a meno di due anni fa, considerando Asamoha un reduce di quella stagione pur non essendo un reduce di quella spedizione di Berlino nello specifico…
La Juve è la dimostrazione lampante che questo non è vero. Magari non vincerà la Champions (il cammino è ancora lungo) ma la vittoria in Campionato è oramai quasi certificata dalla matematica e i bianconeri sono anche i finalisti di Coppa Italia: in sostanza sono in corsa per il “Triplete” e, male che vada, porteranno a casa il sesto Scudetto consecutivo. Cambiando tantissimo e vendendo tantissimi “big”.
Guardando alla squadra finalista nel 2015 la Juventus ha fatto partire, in appena due sessioni estive di calcio mercato, pezzi da novanta del calibro di Vidal, Pogba, Tevez e Morata. Incassando parecchi soldi. Quest’ultimo a dire il vero l’avrebbe trattenuto volentieri (e probabilmente lui stesso avrebbe preferito un ruolo da protagonista in bianconero piuttosto che quello da comprimario che gli tocca al Real…) ma il diritto di Recompera ha permesso ai Blancos di riprenderselo, pagandolo tra l’altro a peso d’oro, e a Torino non si sono strappati i capelli per questa dimostrazione di strapotere economico e strategico delle Merengues anzi ne hanno fatto tesoro, sfoggiando lo stesso strapotere in Italia la scorsa estate: ecco allora gli acquisti di Higuain dal Napoli e di Pjanic dalla Roma, sfruttando le Clausole Rescissorie milionarie dei due giocatori chiave delle concorrenti. Clausola di Recompera da una parte, Clausole Rescissorie dall’altra: sempre clausole sono…chi di clausola perisce di clausola ferisce…
Dicevamo delle cessioni eccellenti della Juventus…In un grande club chi non è contento è meglio che vada via piuttosto che restare a creare problemi: ecco allora altre due rinunce, diverse ma altrettanto pesanti, degli ultimi due anni bianconeri, quelle a Pirlo e Evra. La Juve ha provato fino alla fine a convincere il Campione del Mondo nel 2006 a rimanere ancora in bianconero, almeno una stagione, ma non c’è stato niente da fare. Allora ciao e in bocca al lupo. Evra non si sentiva una riserva. La porta è quella. Stesso discorso per Llorente, sempre facendo riferimento alla Juve di due anni fa, nella quale sedeva in panchina un giocatore dal sicuro avvenire che aveva già avuto modo di mettersi in luce anche se solo per spezzoni di partite: Coman. Offertona del Bayern Monaco, con Guardiola che se n’era innamorato…che fai vendi un Campione in erba? Si, prego, ciao. 7 milioni per il prestito biennale. Diritto di riscatto a titolo definitivo ai tedeschi entro il 30 aprile 2017 per 21 mln di euro. Recentemente Ancelotti ha confermato che il Bayern eserciterà il diritto di riscatto, per la Juventus è stata un’operazione da 28 mln complessivi.
Si possono vendere anche Campioni, se il mercato offre cifre irrinunciabili o se il loro desiderio è quello di cambiare aria: Vidal e Pogba appartengono al primo caso, Tevez e Coman (per motivi diversi) al secondo.
C’è un’altra squadra che negli ultimi anni sta dando forza a questa teoria, pur avendo un palmares meno lusinghiero dei bianconeri, ma provateci voi a competere in Campionato tutte le stagioni con due mostri sacri del calibro di Barcellona e Real Madrid…: parliamo ovviamente dell’Atletico Madrid di Diego Pablo Simeone. Dal 2012 al 2016, sotto la guida del Cholo, l’Atletico ha portato a casa 5 trofei: 1 Europa League (2012), 1 Supercoppa Europea e 1 Coppa del Re (2013), 1 Liga e 1 Supercoppa Spagnola (2014). Quel che dà ancora di più la dimensione del livello d’eccellenza raggiunto dall’Atletico è da ricercare però, paradossalmente, più nelle sconfitte (cocenti) che nelle vittorie: l’Atletico è diventata stabilmente una delle grandi realtà europee tanto da raggiungere per ben due volte nelle ultime tre stagioni la Finalissima di Champions League. Peccato che in entrambi i casi il Cholo sia uscito sconfitto contro i rivali cittadini del Real Madrid, per giunta nei modi che tutti ricordiamo, i più dolorosi e duri da digerire…Nel 2014 l’Atletico aveva praticamente vinto la Coppa, conduceva 1-0 e correva l’ultimo minuto di recupero. Il resto è storia: corner Real, colpo di testa di Ramos, supplementari e Real che dilaga (4-1 finale).
“Coppa in faccia”? “Non c’è rivincita”? Macchè. La rivincita arriva due anni dopo, nel 2016. Ancora Atletico Madrid-Real Madrid. Peccato che sia una “riperdita”. Questa volta i 120 minuti non bastano. Si va ai rigori. Juanfran sbaglia, CR7 no. Altro titolo al Real.
Roba da distruggere una corazzata, non l’Atletico di Simeone: in Liga quella attuale non è certo la miglior stagione dei Colchoneros (3 posto si ma a -7 dal Barca secondo) ma in Champions i ragazzi di Simeone sono ancora tra le migliori 4 d’Europa…ed anche il Real Madrid…La mente va di default al vecchio adagio “non c’è due senza tre”, intese come Finali non come epilogo finale, anche se Juventus e Monaco (le altre due semifinaliste) non sarebbero d’accordo e al momento in cui scriviamo non è detto che il derby di Madrid non capiti proprio in Semifinale…
Torniamo alla teoria dei Campioni che non si vendono per restare competitivi e vincere: l’Atletico di Simeone, come la Juventus, negli ultimi anni l’ha ampiamente sfatata. 5 trofei portati a casa e due Finali di Champions League. Il primo trofeo della serie è stato l’Europa League alzata nel 2012 e il grande protagonista a suon di gol di quella cavalcata vincente è stato Radamel Falcao: 12 gol in 15 partite di Europa League per il colombiano, che tanto per gradire aveva messo a referto anche 24 reti in Liga. Nella stagione successiva la consacrazione di Falcao era stata certificata da 28 gol in 34 partite di Liga. Incedibile? Maccosa?!? 60 milioni e valigie fatte alla volta del principato di Monaco. 2 anni difficili al Monaco con un grave infortunio, i prestiti sfortunati allo United e al Chelsea…il calvario di Falcao nelle ultime 4 stagioni aveva fatto pensare all’Affare del Secolo per i Colchoneros e all’inevitabile parabola discendente per il bomber ma occhio perché, tornato nel principato più per dovere che per piacere (di entrambe le parti…) il colombiano ha ritrovato proprio quest’anno la forma e il senso del gol dei giorni migliori e con 26 reti fino adesso in 35 partite sta trascinando i francesi sia in Ligue 1 (primo posto con il PSG) che in Champions (semifinale)…Potrebbe essere il grande ex in un incrocio futuro di Semifinale o Finale….chissà.
Grande trascinatore dell’Atletico che ha sfiorato il “Double” (Liga e Champions) nel 2014 è stato Diego Costa, l’erede in attacco proprio di Radamel Falcao. 27 gol in campionato per vincere una storica Liga e 8 gol in Champions per trascinare i ragazzi di Simeone alla Finalissima contro il Real…durata per lui però solo 9’, tempo di accorgersi che un infortunio muscolare che aveva accusato pochi giorni prima nel match che era valso il titolo contro il Barca non era stato riassorbito. Cambio. Quello è stato l’ultimo, amarissimo, scampolo di partita giocato con la maglia dell’Atletico perché in estate arrivarono le lusinghe milionarie del Chelsea ed anche in quel caso non ci furono dubbi in casa Colchoneros: 45 mln e spedizione per posta prioritaria a Londra.
Oltre 100 mln per due bomber: i Campioni di fronte ad offerte irrinunciabili si vendono eccome…
Chi non vuol restare viene accompagnato alla porta: anche qui il modus operandi è lo stesso bianconero. Come Pirlo per la Juve anche Villa, titolare nella Finale del 2014, ha voluto trovare (e provare) l’America. Biglietto di sola andata per New York senza troppi rimpianti. Storia diversa per Raul Garcia, un titolare nella corsa scudetto del 2014, titolare anche nella famigerata Finale di Lisbona contro il Real. Voleva avvicinarsi a casa, alla sua Pamplona, e rivendicare il suo orgoglio basco con la maglia dell’Athletic Bilbao. Voleva un ruolo da assoluto protagonista. Accontentato: 8 mln nelle tasche dell’Atletico e il “grande Capitano” è passato dall’Atletico all’Athletic…
Rispetto a quella maledetta prima Finale di Champions contro i rivali cittadini l’Atletico ha, nel breve volgere di 3 anni, perso (o cambiato se preferite) 5 titolari: il portiere Curtois, tornato per fine prestito al Chelsea, Miranda, passato per 14,5 mln all’Inter (nessuno è incedibile, ricordate il mantra?…), Raul Garcia, Diego Costa e David Villa. Quasi la metà della formazione titolare, eppure è sempre lì, tra le prime 4 d’Europa, anche quest’anno.
Come visto i Campioni possono essere venduti eccome, a patto di reinvestire in altri giocatori dello stesso livello e magari con più fame di vittoria. Giocatori che vogliano emergere o trovare la definitiva consacrazione. O che vogliano prendersi rivincite…
Guardate le difese della Juventus e dell’Atletico Madrid: lo zoccolo duro, la base, è rimasto in entrambi i casi invariato e i nuovi innesti vanno ad arricchire un patrimonio tecnico e di esperienza che le due società sono restie a dismettere tanto facilmente.
Rispetto all’Atletico del 2014 Juanfran, Godin e Felipe Luis sono a tutt’oggi perni indissolubili della squadra, certezze sulle quali Simeone costruisce l’affidabilità difensiva dei Colchoneros. Sono cambiati il portere (per cause di forza maggiore, era in prestito) e Savic che ha preso il posto di Miranda, venduto a carissimo prezzo per essere un ultratrentenne.
Rispetto alla Juve del 2015 Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini, Licthsteiner rimangono, chi più chi meno, colonne portanti, chi maggiormente utilizzato in campo, chi rincalzo di lusso ma prezioso uomo spogliatoio. Nel caso della Juve la necessità di pensare ad un prossimo ricambio generazionale ha portato ad investimenti importanti sia sugli esterni (Alex Sandro) che al centro (Rugani) e Dani Alves a parametro zero è stata un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire…ma la sostanza è la stessa evidenziata con l’Atletico.
Si possono fare grandi cambiamenti…si possono anche rivoluzionare le squadre. Si possono vendere anche grandi campioni…ma se si vuole vincere bisogna trovare un assetto difensivo convincente (e vincente).
Trovati gli uomini giusti e i giusti meccanismi difensivi la conoscenza tra gli uomini fa la differenza, diventa esperienza. Se c’è un reparto che non va stravolto quello è il reparto difensivo.
Guardate le difese della Roma degli ultimi 4 anni e trovate le differenze…
Ci vediamo stasera, come sempre dalle 21,00 alle 23,00 su Teleroma 56, Canale 15 del Digitale Terrestre: entreremo come sempre in GIOCO PERICOLOSO nella vicende di Roma, Lazio e non solo. Arricchiremo le 2 ore di diretta con Rubriche, schermate statistiche, cartelloni.
Ci proietteremo al finale di stagione fondamentale per la lotta Champions della Roma e cominceremo a guardare alla Finale di Coppa Italia della Lazio contro la corazzata Juventus. Una corazzata che non vorremmo mai prendere ad esempio ma che ci è sembrato giusto in questa sede analizzare per sfatare qualche mito e provare a trovare qualche certezza.
STAY TUNED!